"MIO FIGLIO E' QUI" di Giovanni MASSA (KIMERIK Edizioni www.kimerik.it) è un romanzo avvincente e con un finale a sorpresa. Racconta la "singolare" storia della giornalista Sara Sogni (Laura), che decide di realizzare un reportage su ciò che accade in una struttura ospedaliera per malati mentali.
Per far questo lascia casa sua e chiede il permesso di stabilirsi in una delle stanze riservate ai pazienti, grazie anche all'aiuto del primario, il dott. Corvi, e della sua amica Giusy che lavora in questo ospedale.
Sara, entusiasta di poter seguire gli avvenimenti più da vicino, comincia a lavorare al suo progetto, ma la permanenza in questo posto le riserverà alcune sorprese. Tra colpi di scena e risvolti psicologici, infatti, verrà a galla una verità sconcertante: una storia breve ma intensa la cui trama è stata ispirata anni fa da un sogno.
Giovanni Massa, dopo essersi diplomato all'IPSAR della sua città natale, ha lavorato negli hotel e nei villaggi turistici in giro per il mondo. Parla l'inglese, il tedesco, il francese e lo spagnolo. Attualmente insegna enogastronomia presso un istituto professionale alberghiero ed è iscritto alla facoltà di Ingegneria dell'informazione. Ecco in breve il romanzo:
"Sara Sogni, una donna di 44 anni, occhi neri con uno sguardo che penetra. Quasi assassino ma materno allo stesso tempo. Un caschetto nero, taglio corto che le dava un'aria molto giovanile e sbarazzina. Uno sguardo triste ma deciso, sicura di sé e adorabile. Era vedova con un figlio di 17 anni: Carlo.
Con passi corti e svelti si aggirava nei corridoi dell'ospedale dove lavorava. Insieme alla sua amica Giuseppina Ciampi, conosciuta da tutti come Giusy: era la più grande amica di Sara da almeno 20 anni.
Giusy era il punto di riferimento di Sara che spesso la confortava nel suo lavoro. Ma mancava ancora qualcosa a Sara, una richiesta di aiuto per il suo lavoro la angosciava. Pensò allora a suo figlio Carlo che poteva aiutarla, era ancora un giovane ragazzo di 17 anni che studiava...
Sara andò verso l'ufficio del dott. Renato Corvi, un uomo robusto, un bel fisico atletico, con occhi blu con alcune rughe sul volto che marcavano alcune sue espressioni che lo rendevano affascinante. Sara appena lo vide pensò: "Oddio quest'uomo è l'uomo che vorrei... Accidenti ma cosa sto pensando? Sono venuta qui per lavoro!"
Era il primario dell'ospedale e viceresponsabile dell'ufficio stampa, poichè quasi ogni giorno chiedevano di poter scrivere articoli sulle tragedie che accadevano in questo ospedale psichiatrico. Iniziò così una collaborazione più amichevole e familiare con il dott. Corvi.
Trascorse qualche settimana e Carlo si intrufolò nell'ospedale senza nessun permesso e rimase lì di nascosto: l'unica complice era Giusy la sua amica, ogni tanto ritornava per aiutare la madre nel suo lavoro di scegliere le foto e i vari articoli che preparavano insieme.
Una mattina Sara sentiva un dolore intenso al petto e faceva fatica a respirare, le facevano male le ossa e si sentiva incapace di rispondere a Giusy che la chiamava. Dopo questo episodio di malessere Sara si riprese e iniziò a frequentare in modo più assiduo il dott. Renato Corvi , che iniziava lentamente a "psicanalizzarla" per conoscerla meglio.
Sara era ormai la compagna ufficiosa di Renato C., la sua situazione di lavoro all'ospedale era la stessa da quasi un anno (almeno così sembrava). Erano quasi le nove di sera. Sara alzò la cornetta per mettersi in contatto con Renato quando, dall'altra parte del telefono, sentì una discussione viva e ascoltò: "Quindi si chiama... Fuga dissociativa" completò Renato con l'altra persona che sembrava Giusy dalla voce.
Di cosa si tratta precisamente? Domandò la donna. Si tratta di persone con uno o più episodi di amnesia in cui si manifesta un'incapacità di ricordare una parte o la totalità del proprio passato, nonchè la perdita della propria identità nuova, insieme a un'improvvisa inaspettata e afinalistica fuga da casa" spiegò il dottore.
La causa è quel terribile incidente: purtroppo Sara o meglio Laura non ha accettato la morte di suo marito. Ma ciò che l'ha allontanata dalla realtà è la morte precoce di suo figlio." continuò Renato. A queste parole Sara si sentì gelare il sangue. Nella sua mente ripeteva: "la morte di mio figlio, la morte di mio figlio". Si sentì mancare, perse i sensi e svenne.
Dopo una settimana al parco del giardino davanti all'ospedale la nebbia avvolgeva gli alberi come un velo. Sara era seduta su una panchina, si avvicinò Giusy che le appoggiò una mano sulla spalla. Sara guardò Giusy e disse: "Ho tutto chiaro ora, ricordo tutto l'incidente. Ho capito tutto, ma non capisco una cosa. Ho visto mio figlio e lo ricordo vivo ancora in questo momento. Voglio pensare che io abbia visto l'angelo di Carlo.
Mi piace sapere di averlo vicino. Giusy l'abbracciò forte e le disse: Non hai perso tutti. Ci sono ancora io, Luisa"... chiamandola con il suo vero nome. Sì mamma, rispose Luisa. Torniamo a casa. Comunque sappi che... MIO FIGLIO E' QUI...
Tu sei il sole e noi siamo la tua vita... continua a splendere per noi e noi resteremo vivi nel tuo cuore. Vivi per noi mamma!" Giovanni Massa
Un caro saluto.
Per far questo lascia casa sua e chiede il permesso di stabilirsi in una delle stanze riservate ai pazienti, grazie anche all'aiuto del primario, il dott. Corvi, e della sua amica Giusy che lavora in questo ospedale.
Sara, entusiasta di poter seguire gli avvenimenti più da vicino, comincia a lavorare al suo progetto, ma la permanenza in questo posto le riserverà alcune sorprese. Tra colpi di scena e risvolti psicologici, infatti, verrà a galla una verità sconcertante: una storia breve ma intensa la cui trama è stata ispirata anni fa da un sogno.
Giovanni Massa, dopo essersi diplomato all'IPSAR della sua città natale, ha lavorato negli hotel e nei villaggi turistici in giro per il mondo. Parla l'inglese, il tedesco, il francese e lo spagnolo. Attualmente insegna enogastronomia presso un istituto professionale alberghiero ed è iscritto alla facoltà di Ingegneria dell'informazione. Ecco in breve il romanzo:
"Sara Sogni, una donna di 44 anni, occhi neri con uno sguardo che penetra. Quasi assassino ma materno allo stesso tempo. Un caschetto nero, taglio corto che le dava un'aria molto giovanile e sbarazzina. Uno sguardo triste ma deciso, sicura di sé e adorabile. Era vedova con un figlio di 17 anni: Carlo.
Con passi corti e svelti si aggirava nei corridoi dell'ospedale dove lavorava. Insieme alla sua amica Giuseppina Ciampi, conosciuta da tutti come Giusy: era la più grande amica di Sara da almeno 20 anni.
Giusy era il punto di riferimento di Sara che spesso la confortava nel suo lavoro. Ma mancava ancora qualcosa a Sara, una richiesta di aiuto per il suo lavoro la angosciava. Pensò allora a suo figlio Carlo che poteva aiutarla, era ancora un giovane ragazzo di 17 anni che studiava...
Sara andò verso l'ufficio del dott. Renato Corvi, un uomo robusto, un bel fisico atletico, con occhi blu con alcune rughe sul volto che marcavano alcune sue espressioni che lo rendevano affascinante. Sara appena lo vide pensò: "Oddio quest'uomo è l'uomo che vorrei... Accidenti ma cosa sto pensando? Sono venuta qui per lavoro!"
Era il primario dell'ospedale e viceresponsabile dell'ufficio stampa, poichè quasi ogni giorno chiedevano di poter scrivere articoli sulle tragedie che accadevano in questo ospedale psichiatrico. Iniziò così una collaborazione più amichevole e familiare con il dott. Corvi.
Trascorse qualche settimana e Carlo si intrufolò nell'ospedale senza nessun permesso e rimase lì di nascosto: l'unica complice era Giusy la sua amica, ogni tanto ritornava per aiutare la madre nel suo lavoro di scegliere le foto e i vari articoli che preparavano insieme.
Una mattina Sara sentiva un dolore intenso al petto e faceva fatica a respirare, le facevano male le ossa e si sentiva incapace di rispondere a Giusy che la chiamava. Dopo questo episodio di malessere Sara si riprese e iniziò a frequentare in modo più assiduo il dott. Renato Corvi , che iniziava lentamente a "psicanalizzarla" per conoscerla meglio.
Sara era ormai la compagna ufficiosa di Renato C., la sua situazione di lavoro all'ospedale era la stessa da quasi un anno (almeno così sembrava). Erano quasi le nove di sera. Sara alzò la cornetta per mettersi in contatto con Renato quando, dall'altra parte del telefono, sentì una discussione viva e ascoltò: "Quindi si chiama... Fuga dissociativa" completò Renato con l'altra persona che sembrava Giusy dalla voce.
Di cosa si tratta precisamente? Domandò la donna. Si tratta di persone con uno o più episodi di amnesia in cui si manifesta un'incapacità di ricordare una parte o la totalità del proprio passato, nonchè la perdita della propria identità nuova, insieme a un'improvvisa inaspettata e afinalistica fuga da casa" spiegò il dottore.
La causa è quel terribile incidente: purtroppo Sara o meglio Laura non ha accettato la morte di suo marito. Ma ciò che l'ha allontanata dalla realtà è la morte precoce di suo figlio." continuò Renato. A queste parole Sara si sentì gelare il sangue. Nella sua mente ripeteva: "la morte di mio figlio, la morte di mio figlio". Si sentì mancare, perse i sensi e svenne.
Dopo una settimana al parco del giardino davanti all'ospedale la nebbia avvolgeva gli alberi come un velo. Sara era seduta su una panchina, si avvicinò Giusy che le appoggiò una mano sulla spalla. Sara guardò Giusy e disse: "Ho tutto chiaro ora, ricordo tutto l'incidente. Ho capito tutto, ma non capisco una cosa. Ho visto mio figlio e lo ricordo vivo ancora in questo momento. Voglio pensare che io abbia visto l'angelo di Carlo.
Mi piace sapere di averlo vicino. Giusy l'abbracciò forte e le disse: Non hai perso tutti. Ci sono ancora io, Luisa"... chiamandola con il suo vero nome. Sì mamma, rispose Luisa. Torniamo a casa. Comunque sappi che... MIO FIGLIO E' QUI...
Tu sei il sole e noi siamo la tua vita... continua a splendere per noi e noi resteremo vivi nel tuo cuore. Vivi per noi mamma!" Giovanni Massa
Un caro saluto.
Personal COACH, PNL practitioner e grande appassionato di sviluppo personale a 360 gradi
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