giovedì 6 novembre 2014

SUL SERIO di John MCENROE con James Kaplan La mia storia

"SUL SERIO La mia storia" di John MCENROE (Piemme Edizioni www.edizpiemme.it) è una biografia che diventa romanzo di una vita. Il mondo del grande tennis professionistico (da Borg ad Agassi) e la New York psichedelica di una stagione leggendaria. Le ragazze, i matrimoni, lo sballo, i trionfi, i rovesci, gli schiaffi presi dalla vita. Racconta tutto John. E dice proprio sul serio.
John McEnroe è l'icona anticonformista di un'epoca, oltre che di uno sport. Ha respirato l'aria rarefatta e gelida del vertice, quel punto in cui è difficilissimo arrivare e ancor più rimanere. La cima della montagna. Lì fa freddo e sei solo. Solo veramente, assolutamente, e con una fila di gente che vuole buttarti giù.
Era una fede, una trasgressione senza anagrafe, non potevi non guardarlo. SuperBrat, il supermoccioso, genio (molto) e sregolatezza (non di meno). Leggendari i suoi colpi, rasoiate o carezze. Altrettanto la sua irascibilità, le sfuriate contro arbitri, avversari, giudici di linea, a volte spettatori.



John McEnroe é stato numero 1 del mondo di tennis per 4 anni di seguito, dal 1981 al 1984. Ha terminato la sua carriera con 77 vittorie nei tornei di singolo e 78 in quelli di doppio: detiene ancora oggi il record maschile per numero di titoli totali conquistati. "Sul serio" è uno straordinario bestseller che ha dominato la classifica del New York Times.
James Kaplan, romanziere, giornalista, saggista, è autore pluripremiato delle biografie di Frank Sinatra e Jerry Lewis, che hanno conquistato la vetta delle classifiche USA.

"Nel corso della mia carriera sono passato da una cosa all'altra: il passo successivo era sempre dietro l'angolo. Lungo la strada ho raggiunto molti obiettivi: vincere il torneo universitario ncaa, vincere Wimbledon, gli U.S. Open, la Coppa Davis; ho cercato di emulare il mio eroe, Rod Laver, e ho realizzato molti dei miei sogni.
Negli ultimi anni, però, ho riflettuto su chi ero, chi sono e chi voglio diventare.Sono fierissimo della mia carriera tennistica. Ho vinto 77 tornei di singolo e 78 di doppio: 155 tornei in totale, più di qualunque altro tennista professionista. Vorrei però soffermarmi sulla cosa più importante: non il numero di partite vinte, ma le cinque Coppe che ho contribuito a far vincere agli Stati Uniti.
Mi sembra quasi di sentirvi sbottare: "Dai, McEnroe! Sei ricco, famoso e in salute; hai una famiglia meravigliosa, una vita più che agiata. Hai fatto cose incredibili e sei stato in posti fantastici, cose e posti che la maggior parte della gente può a malapena sognare. Perché non ti rilassi e non ti godi quello che hai?"

Vi rispondo che ci sto provando, con tutto me stesso. Però rimango uno che gioca a rete. Il mio stile è, ed è sempre stato, andare avanti, sempre avanti. Questo è ciò che vi consiglio di fare nella vostra vita: insistere sempre e ANDARE SEMPRE AVANTI...
Le mie aspettative su me stesso sono, come sempre, straordinariamente alte. Quando mi affacciai sulla scena nel tennis professionistico i giudici erano degli incapaci. Pertanto con le parole dei miei genitori in testa: "Di' sempre la verità: sii sempre onesto a tutti i costi" mi sentivo legittimato nel perseguire la mia missione e migliorare questo sport.
Vorrei inoltre far notare che la mia carriera di tennista è stata contraddistinta da due periodi separati: nei primissimi anni non mi rivolsi mai a un giudice di sedia o di linea usando un linguaggio meno che corretto. Facevo commenti, questo sì, ma con un modo di fare che mi piace definire "avvocatesco", evitando ingiurie e parolacce.

Poi ad un certo punto superai i limiti. Lo feci per ragioni specifiche. Non voglio attribuire colpe ad altri ma mentre ero impegnato nella mia scalata al successo, mi accorsi che più miglioravo e più guadagnavo. Più denaro fluiva nel tennis professionistico grazie a me più avevo l'impressione che tutto fosse sotto il mio controllo, quando entravo in campo.
Ciò che mi ha insegnato questo sport nella vita oltre la professione è "il senso dell'amicizia". Dopo anni di gioco posso dire che l'amicizia è "una cosa strana" nel tennis maschile. Da un certo punto di vista gli uomini lasciano la competitività in campo: magari lottano fino all'ultimo sangue ma dopo la stretta di mano al termine del match sono pronti ad andare a bere una birra insieme.
In ogni caso vige la legge del "mors tua vita mea". Si possono aver rapporti amichevoli fuori dal campo ma quando stai lottando per ottenere la stessa cosa hai la sensazione di non poterti mai lasciar andare del tutto.
A volte comunque è più facile avere dei nemici che degli amici: soprattutto se gli amici sono anche loro tennisti professionisti.

E' un meccanismo perverso ma le cose stanno così: il tennista è solo. In tutti gli sport esistono i nemici (oltre agli amici). Fa parte della vita: se vuoi giocare bene devi saper giocare non solo sul campo ma soprattutto saper giocare la vera partita che è la vita.
Un invito ai lettori italiani? Non ne hanno bisogno. Non sono un lost in translation, non nel vostro Paese. L'Italia è l'unico luogo dove mi sono sempre sentito accettato e compreso. Il pubblico non è imbalsamato. Rumoreggia, è caldo, prende parte, manifesta... in pratica si fa sentire. Anche quando mi hanno fischiato io l'ho amato.
Odiavo giocare davanti a tribune vuote o davanti a gente in "educato" silenzio. Meglio gli insulti. Meglio essere vivi: soffrire, sentire, sbagliare.
Non cerco scuse per i miei comportamenti. Cercavo me stesso. L'ho fatto con la racchetta in mano, e oggi anche senza. Ma io quelli che stanno buoni e zitti non li sopporto. Sul serio." John McEnroe

Ecco un consiglio scelto dalla  TOP TEN DEI CONSIGLI DI JOHN MCENROE:

"I tennisti dovrebbero impegnarsi molto di più con la beneficenza. Il nostro sport dovrebbe sponsorizzare come gruppo qualche causa e cercare di fornire un aiuto concreto, come hanno fatto Andre Agassi e Andrea Jaeger: Andre con la sua scuola per i ragazzi svantaggiati a Las Vegas e Andrea con il suo Silver Lining Ranch ad Aspen, in Colorado, per i piccoli malati terminali."


Un caro saluto.
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